Textos :  La luce e l'ombra dell'uomo.
La luce e l'ombra dell'uomo.

Il desiderio di sapere, se diventa un’ossessione, può essere inoltre un ostacolo, un elemento a contrasto della saggezza e quindi della felicità… Potrei affermare che si tratta di un’inclinazione personale, con cui si nasce, non penso che possa essere acquisita o insegnata…

Si ispira alle forme della natura, ai riflessi di luce: i suoi vetri sono trasparenti, incolori, trasmettono una sensazione di purezza e luminosità, catturano ed espandono la luce e i colori dell’ambiente circostante.

il soggetto si dissolve in un ordine astratto di punti, divenendo ai nostri occhi una presenza-fantasma, incorporea, quasi immateriale, dipendente dai movimenti dell’osservatore e dal gioco della luce.

L’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio.

L’ordinario ha una sua “forza” intrinseca e magneticamente ci attrae e riporta a sé. Eppure, allo stesso tempo, l’insoddisfazione spinge in noi verso qualcos’altro, oltre ciò che già esiste e ci contiene e costringe.

In questo gioco senza fine, nella maggior parte dei casi a vincere è il ripiego sull’esistente, la normatività dell’ordinario. Si generano in tal modo molte routine mentali che mostrano un significativo livello di ripetizione e prevedibilità.

Oltre a risuonare con gli altri e a simulare i loro comportamenti e le loro scelte, noi diveniamo progressivamente parte di molteplicità condivise. La consapevolezza della propria psico-fisicità e l'incontro esistenziale con innumerevoli altre unità umane si pongono come valori cardine nell'avventura della vita. Un deserto onirico, dove i confini rimangono incerti e si dilatano all'infinito.

Un universo parallelo di spiriti, fate e demoni in cui spetta al mondo vegliare sulla vita e sulla morte. Ci giochiamo la nostra esperienza di noi stessi e del mondo, di fatto, in una continua tensione tra “noi” e “io”.

Possiamo sostenere che l’individuazione di ognuno si realizza in quella tensione. Pur appartenendo a una comunità a cui cerchiamo in ogni modo di essere conformi, siamo di continuo capaci di forzare la mano e di operare estensioni e trasgressioni.

Intendo dire che ogni scrittore, per sua natura, sia in grado di osservare, capire e, a suo modo, spiegare la realtà con un’intensità che gli altri forse non hanno.

La corporeità dell'Uomo è lo status specifico dell'esistere. Il duplice attacco al soggetto, ora ridotto a circuiti di stimolo-reazione neurobiologici, ora “dissolto” in una serie di relazioni impersonali nella connessione permanente dei social network trova una diga nell’esperienza personale dell’incontro con l’altro: è la «rude alterità dell’altro».

E chissà che non ci attendano in futuro delle profonde mutazioni biologiche del genere umano, che sempre più insistentemente vengono preconizzate, generate dall'azione venefica delle tecnologie postindustriali sugli organismi viventi, dallo sviluppo incontrollato dell'ingegneria genetica o dai problemi della clonazione.

Non parlo poi del trionfo annunciato dai futurologi della cibercultura, che promette l'inevitabile integrazione in un unico organismo dell'intelletto umano e di quello cibernetico, e la radicale de-umanizzazione del mondo futuro.

La fragilità dell’umano appare irriducibile – non possiamo aggirare il dato – ma non è irrifiutabile: se curiamo e accogliamo i nostri simili (a partire dai loro corpi) l’umano “rifiorisce”, altrimenti “muore”. Perché non si perda la memoria mentre si transita verso il futuro, per aprire spazi a chi ha cose nuove da dire. Perché quando tutto sta per cambiare il rischio più alto è che nulla cambi.

Quante volte ci capita di voler mettere in discussione l’ordine che prende una certa situazione e di non riuscirci, in quanto l’attrazione ad adeguarsi all’altro o agli altri prevale sulla nostra tentazione a trascendere quell’ordine e a sopraelevarci.

Allo stesso tempo accade di aspettarci che qualcun altro nel nostro gruppo ci venga incontro quando prendiamo una posizione pionieristica, o originale e discontinua, ma guardandoci intorno non vediamo nessuno, o meglio vediamo occhi bassi, atteggiamenti indifferenti e silenzi tenaci, ritrovandoci così in solitudine.

In sostanza e a mente di quanto sopra, nell’individuo è ipotizzata l’esistenza di due funzioni generali: l’una statica (consapevolezza), l’altra dinamica (attenzione) la quale si concretizza, di volta in volta (per quel che ci riguarda sia in stato di veglia, sia durante alcune fasi del sonno), in quello che potremmo chiamare un vettore attentivo il quale svolge il compito di “portare la consapevolezza” sugli oggetti sui quali si fissa.

Ciò è facilmente verificabile tramite l’auto-osservazione. Siamo in una stanza e sappiamo d’esserci. Nel medesimo tempo, osserviamo gli oggetti che ci circondano (o che popolano la nostra psiche, in caso d’attenzione introvertita) portando su di essi la nostra attenzione.

In tal caso, l’attenzione si comporta come una sonda. Sonda che noi possiamo spostare su uno qualsiasi degli oggetti presenti. Come spostiamo la sonda da un oggetto all’altro, noi ci spostiamo con essa tanto che, spesso, la sonda indugia talmente su di uno specifico oggetto che noi ci perdiamo in esso.

Nell’identificazione a massa l’individuo accetta una serie di credenze, aspettative, desideri, speranze, supponendo che corrispondano a una realtà oggettiva, ma che in realtà sono influenze, condizionamenti e imposizioni sul suo meodo di essere e vivere. In quelle situazioni l’individuo rinuncia al proprio modo di vivere ed essere personale e si consegna al condizionamento e alle suggestioni degli altri.

L’identificazione a massa, d’altra parte, risponde al bisogno di evitare il terrore che ogni individuo prova a sentirsi separato dagli altri, dal gruppo di appartenenza e dalla massa stessa. Nel tempo attuale le tecnologie della comunicazione e la pervasiva omologazione degli immaginari sembrano ricreare conformismi e omologazioni neo-tribali, tacite e spesso inconsapevoli.

Tutto questo tende a ridurre la nostra plasticità e libertà. Se la grande ragnatela della rete diventa l’ambiente comune che costituisce l’insieme degli stimoli che riceviamo, con stimoli simili è più probabile che si abbiano comportamenti simili.

Il fatto è che il conformismo vincola, ostacola, a volte neutralizza la creatività. Impotenza del fare, dell’agire, nel contare ma anche nel pensare e nel ritenere di potere decidere. Tutti questi sentimenti del presente interagiscono e si rinforzano vicendevolmente, cristallizzandosi nella paura da marginalità, di cui le formazioni politiche populiste sono al contempo bacini di accoglienza e vettori di moltiplicazione.

Si tratta piuttosto dell’effetto di sdoganamento che il ripetere, sboccato e slabbrato, di certi termini assume rispetto alla fantasia di una licenza assoluta che, da ricorso incontrollato e compulsivo alla parola, si tramuta in una sorta di invito a passare ai fatti.

Rispettabilità di superficie, banalizzazione culturale, gregarismo subalternizzante e bigottismo sociale sono indici di mancanza di autonomia. Il suo difetto è, va da sé, segno di dipendenza da un “qualcosa” o un “qualcuno” che non offrono soluzioni reali ma solo compensazioni occasionali. Il potere di questo regime tirannico non è potere sulle cose ma sugli uomini.

Il partito creando: "un mondo di paura, di tradimenti e di torture, un mondo di gente che calpesta e di gente che è calpestata, un mondo che diventerà non meno, ma più spietato, man mano che si perfezionerà... Abbiamo abolito i legami tra figli e genitori, tra uomo e uomo... Perché arriverà sempre il momento in cui un buon medico dovrà ammettere di non poter andare avanti.

Da quel momento in poi si entra in un territorio in cui l’arte medica non ha più alcuna giurisdizione. E se la scienza chiede, in tutta legittimità, di essere libera nel suo operato da ogni eccessivo condizionamento ideologico o religioso, essa deve avere l’umiltà di ritirarsi al cospetto della Soglia al di là della quale solo un “liberato in vita” ha diritto d’asilo.

Se si ha difficoltà a immaginare che l’universo non è solido, ma è fatto di luce, non ci dobbiamo preoccupare. La vostra mente ha creduto alla versione “solida” per lungo tempo, e verrà senza dubbio turbata da questa nuova possibilità. E’ bene lasciare la vostra mente a rilassarsi con questa idea per un po’.

La luce non cambia mai o modifica il messaggio che sta portando. Egli è la pietra angolare dell'essere, l'unico criterio infallibile della verità di tutto ciò che esiste, il punto di partenza e quello di arrivo del nostro pellegrinaggio terreno. Il pensiero deve sforzarsi di riviverle nel loro momento originario, mettendo da parte ogni pregiudizio aprioristico.

Proprio quest'ultima fase del pensiero , che lo trova impegnato a mostrare come a partire dalla coscienza si costruisca il mondo e a cercare di render conto dell'intersoggettività e storicità in cui esso ci è dato, costituisce oggetto di studio e di vivo dibattito da parte dei filosofi…


Todos los derechos de „La luce e l'ombra dell'uomo.“ pertenecen a su autor (Joel Fortunato Reyes Pérez).
Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Joel Fortunato Reyes Pérez
Publicado en e-Stories.org el 22.08.2016.
Poeta

Sonetos :  Amor aos animais
Amor aos animais
Você que diz
que ama os animais,
deixe que eles vivam
nos seus ambientes naturais.

Não crie passarinhos,
papagaios, macacos,
iguanas e outros,
dizendo que ama os bichinhos.

Se você realmente
ama os animais,
deixe-os no seu ambiente.

Deixe-os com seus iguais.
Não os traga para o meio da gente,
senão eles não voltam mais.

A.J. Cardiais
imagem: google
Poeta

Cuentos :  En un simulacro quimérico
EN UN SIMULACRO QUIMÉRICO

Nadie lo esperaba. Desde la escotilla impermeable lo vi subir por el agreste camino del anómalo montículo, por el astro, en tanto en su órbita corría la vivísima luz entre un torrente,
y él dobló sus rodillas en la región interestelar extraña.
Donde la selección natural ha conspirado contra un vínculo instantáneo entre el bioplasma cibernético y los ácidos nucléicos modificados. Como las enredaderas trepan la melancolía metálicas.

A medida que las naves eran sacadas del agua, al pie de las montañas
helicoidales del neoformado Saturno que ya veían el sol, se iba atenuando
la mala impresión en la quinta pantalla plegable, sin duda debida al campo
holográfico interferido. Como la frescura penetrante de un vaho fosforescente.
Cuando llegó a su refugio lo único que traía, además de la ropa del plástico
magnético de tercera generación que tenía puesta y algunos microchips
encapsulados, era un pequeño cofre de antimateria color violeta, de valor
incalculable, pues era lo único que conservaba de una edad más dichosa...
A través de la transparente secuencia de los siglos se creaban ciudades,
rumores, civilizaciones, historias y seguramente burbujas de tiempo escogido.

Nadie tenía claro que, al filo del milenio los antropomorfos heterogéneos
difícilmente salían sin defectos de la hibernación haciendo todo tipo de rarezas.
Alejándose un tanto del entorno ancestral.
Él entonces solo tenía veintiseis años reprogramables en espiral, y ahora contaba
treinta y dos, cuando ya podía darse cuenta que estaba atrapado en una fisura
del espacio-tiempo... Como una pequeña y fugitiva pincelada consoladora a medias.
Ninguno, cuando llegó, lo miró como un objeto extraño, y nada se había movido,
ni los planetoides habían crecido porque el clima primordial subsistía en el Caos
parcial, dando a luz creaciones y destrucciones microscópicas. Como una inocente
gracia que se agita... Y donde el tronco creativo anega su primera aurora.
Le costó mucho decidirse, pero por fin dejó de interrogarse a solas.
Mientras esto sucedía recordaba las cataratas de la tierra abandonada, y miraba
las formas confusas del ambiente que le rodeaba destacándose apenas una
breve brillantez titilante, como una flama transductora electrostática.

Sus movimientos eran lentos pues los miembros se veían rígidos, y extraños,
y el cuerpo flotaba ligeramente en los lugares menos indicados e inesperados.
Nadie estaba desconcertado dejando una huella completa de la duda esparcida
en el aire, como una eclosión de vida de un instante vacilante y ciega esperanza.
Después de analizar el problema de la restauración durante años estáticos, y
verdaderamente catastróficos, como el llanto mudo que resbala sobre una faz doliente.
¡Cómo un mundo desintegrado que se esquiva a solas con sus ojos de piedra turbados!.
Nadie se desmoronaba después de seleccionar la última propuesta de su inexistencia,
que era tanto como perpetuarse en el Caos, por lo que abordaron entonces la nave
desintegradora, de pesadillas espaciales, para cambiar los planes hechos en ese
espacio-tiempo, en esa fisura, subyugando la voluntad indefensa.
__ ¡Imposible llenar una cesta de hambre y colgar el apetito de la historia en una mandarina!. __

Las marionetas en este ciberespacio neoformado no tenemos procedimientos,
ni remotamente analógicos, estamos servilmente enredados, atrapados en los más mínimos hilos de los pseudosociales vínculos patogénicos.
Tan virtual como fugaz
es el torpe sensualismo, la escoria temeraria e incendiaria en los cálidos torrentes, que tiemblan.
Bien podría tratarse de un burocrático retroceso, inalcanzable, por la presión, y el espanto.

Y nadie y ninguno se refugiaron en la nada. La nada en su esplendor creador que espera solo.



Autor: Joel Fortunato Reyes Pérez
Poeta